A volte vedo strani oggetti in mano agli studenti

Nel maggio 2008 è comparso sui giornali un articolo riguardante una catena di negozi che ha esposto distributori automatici di diverse sostanze e strani accessori di dubbio utilizzo e talvolta in vicinanza delle scuole, come è accaduto a Rimini: Self Service di droga. Rimini, furiosi genitori e preside: “Oppiacei in vetrina”. Ma l’esercente: “Il distributore automatico è a norma di legge” ha intitolato “Il Resto del Carlino” (17 maggio 2008). Non sono mancate immediate condanne, tra cui quella del farmacologo Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche “Mario Negri”: «Non posso pensare di mettere in galera questa gente, ma è importante però che tutti sappiano, che ci sia una riprovazione morale della società». A parte la gravità della vendita libera di droghe (al limite tra lecito e illecito), va sottolineato infatti che un atteggiamento sociale favorevole alle sostanze è un fattore che mette a rischio gli adolescenti assecondando il loro avvicinamento alla droga: l’uso delle sostanze, infatti, è fortemente influenzato dai comportamenti, dalle opinioni e dalla approvazione/disapprovazione sociale sul tema. In questo caso non solo si vende droga ma anche gli accessori per farne uso: è un invito al consumo.
Ma descriviamo alcuni di questi accessori “invitanti”, noti a livello internazionale con il termine paraphernalia, acquistabili ormai facilmente anche con pochi clic del mouse in Internet. Si tratta di qualsiasi strumento che può essere utilizzato per produrre, conservare, nascondere o consumare droghe illecite. Si va dai contenitori di sicurezza agli accendini con piccoli vani in cui porre sostanze, cartine e portacartine, piccoli mortai con pestello, impastiere per mescolare tabacco con altre sostanze, accessori per sniffare, pipe di vario tipo, bilancine, dosatori, narghilè, cartine, filtri, tritaerba, rollatori, vaporizzatori, chillum, bongs in vetro, ampolle, ma anche gadget riportanti immagini di droghe, portachiavi, adesivi, portacenere, poster, magliette, braccialetti, cappellini, borsette e zaini, alcuni strumenti musicali etnici, manuali e strumenti per la coltivazione di marijuana…
Questi, e molti altri accessori, di solito vengono venduti in parallelo con semi e spore di diverse sostanze psicoattive, funghi allucinogeni e cactus mescalinici. È sufficiente essere maggiorenni (o avere un amico maggiorenne), avere una carta di credito anche prepagata, e si può ordinare ricevendo un pacco confezionato in modo tale da garantire l’anonimato.
Entrando in negozi di questo tipo (online o nelle vie delle città) si può rimanere sorpresi nel vedere il numero e la varietà di questi accessori che non solo promuovono la cultura della droga, ma arrivano al punto di coinvolgere i giovani in attività collegate alla produzione, al traffico e all’uso di sostanze. Sono articoli specificamente prodotti in forme e colori tali da sembrare oggetti di uso banale e quotidiano, al punto da apparire normali nella stanza di un ragazzo, nel portafoglio, su un banco di scuola, o sotto la sella del motorino.
Secondo alcune ricerche, negli ultimi anni si è assistito a una modifica nello stile di merchandising di questi accessori: poiché l’obiettivo è guadagnare e il target di vendita sono le fasce giovani più vulnerabili, gli oggetti vengono proposti con un profilo di design capace di attirare maggiormente gli adolescenti: utilizzo di particolari colori trendy, presenza di logo che creano appartenenza a un certo gruppo, immagini di celebrità dello star system soprattutto musicale, ripresa di segni e icone tipici del mondo giovanile, evocazione di ideali che normalmente connotano le aspirazioni dell’età adolescenziale (in particolare i temi, gli sfondi paesaggistici, e i colori legati alla pace, alla protesta o alla libertà, come si può vedere sulle confezioni di alcune cartine: “Enjoy Freedom” e sullo sfondo un mare esotico illuminato dal sole che tramonta). Non manca poi il riferimento a figure leggendarie, dell’immaginario o del mito: animali fantastici, maghi, teschi o diavoli. Gli accessori, infine, vengono prodotti con un’apparenza volta a celare la pericolosità che può accompagnarne l’uso e, quindi, il rischio di essere controllati dagli adulti o dalle autorità.
Identificare e valutare tali oggetti può essere difficile, in quanto spesso sono messi sul mercato in modo da far credere che il loro utilizzo sia solo per finalità legittime o non pericolose. Ad esempio le pipe e i bongs per fumare sono etichettati con una didascalia mistificante, secondo cui sarebbero venduti solo come oggetti da arredo, da collezione, o per fumare solamente tabacco. Spesso può essere utile al genitore o all’insegnante consultare, se presente, il foglietto di istruzioni recante le caratteristiche tecniche dell’oggetto.
Ma è permessa la vendita di questi accessori? In Italia la legge (DPR 309/1990), benché continuamente aggiornata, non è affatto chiara né precisa: le autorità difficilmente trovano appigli per far chiudere questi negozi e cessare lo smercio di questi prodotti. Ben più attento l’atteggiamento di altri governi: in Francia una legge del marzo 2007 varata per prevenire la diffusione della delinquenza giovanile, dopo aver rilevato che gli adolescenti consumatori di cannabis sono saliti nel 2006 da uno a due (rispetto al rapporto uno su cinque del 1993), ha ampliato le sanzioni penali contro l’uso o l’incitazione al consumo degli stupefacenti: 75 mila euro di multa o 5 anni di carcere per chi incuriosisce o induce i giovani al consumo di questa droga. E questo vale anche per chi, in un mercato di piazza a Parigi, vende braccialetti o magliette riportanti l’immagine della foglia di marijuana.

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